Ad integrazione della lezione di ieri e per discuterne la prossima settimana, vi trasmetto una nota dell'avv. Radi su alcune prese di posizione giursiprudenziali
L’avvocato non è un favoreggiatore a prescindere e chi lo giudica deve tener conto che “il difensore ha il diritto-dovere, costituzionalmente garantito, di difendere gli interessi della parte assistita nel migliore modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e dei principi deontologici e cioè di adoperarsi con ogni mezzo lecito a sottrarre il proprio assistito, colpevole o innocente che sia, alle conseguenze negative del procedimento a suo carico”.
Partendo da questo presupposto, la cassazione nelle sentenze che richiameremo ha delineato il confine tra la lecita difesa e l’aiuto del difensore alla deviazione o elusione delle investigazioni e quindi al turbamento della funzione giudiziaria.
La Suprema Corte ricorda che la condotta dell’avvocato, realizzata in connessione all’esercizio del diritto di difesa, deve essere attentamente valutata anche in tema di intenzionalità che muove il soggetto agente.
In particolare, è stato affermato che non integra il delitto di favoreggiamento personale la condotta del difensore che, avendo ritualmente preso visione di atti processuali dai quali emergano gravi indizi di colpevolezza a carico del proprio assistito, lo informi della possibilità che nei suoi confronti possa essere applicata una misura cautelare (nella specie effettivamente disposta e non eseguita per la latitanza dell’indagato), atteso che la legittima acquisizione di notizie che possono interessare la posizione processuale dell’assistito ne rende legittima la rivelazione a quest’ultimo in virtù del rapporto di fiducia che intercorre tra professionista e cliente e che attiene al fisiologico esercizio del diritto di difesa (Cassazione numero 7913 del 06.07.2000).
Non integra il delitto di favoreggiamento personale la condotta del difensore che, avendo fortuitamente acquisito la notizia dell’emissione nei confronti del proprio assistito di una misura cautelare, lo informi, consentendo così la sua latitanza, atteso che non esorbita dalla funzione del difensore partecipare al proprio assistito quanto possa aiutarlo a mantenere la propria libertà personale (Cassazione Sez. 6, n. 20813 del 18/05/2010, Rv. 247349).
Infine, l’imputato è libero di mentire a fine difensivo e il giudice non è tenuto a prestare fede incondizionata alle sue dichiarazioni ma ad indagare, indipendentemente da esse, per accertare la verità.
Pertanto, non integra gli estremi del reato di favoreggiamento personale il suggerimento dato all’imputato di rendere dichiarazioni mendaci al magistrato, mancando la idoneità a fuorviare l’attività giudiziaria (Sez. 1, n. 1040 del 11/11/1971 (dep. 1972), Rv. 120241).
Analoga decisione la seguente: “esula dalla condotta di favoreggiamento l’attività di consulenza fornita dal ricorrente agli indagati sulla base della conoscenza lecita degli atti redatti a loro carico e, specificamente, il suggerimento dato agli stessi in ordine alle dichiarazioni da fare alla A.G. rientrando nella facoltà degli stessi indagati quella di mentire” (Cassazione sezione 6, la sentenza numero 37512/2021).
L’aiuto ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche dell’autorità va pertanto apprezzato, specie con riferimento alla particolare posizione del difensore, non in maniera freddamente “oggettiva” e nella sua formale ed astratta corrispondenza al modello legale di reato, ma come concreta ed effettiva espressione di una “solidarietà anomala” con la persona difesa, il che chiaramente esorbita dal compito istituzionale dell’avvocato.
Quindi, per stabilire se la condotta realizzata in connessione all’esercizio del diritto di difesa venga ad integrare la previsione criminosa di cui all’art. 378 cod. pen. occorre anche far riferimento al contenuto della intenzionalità che muove il soggetto agente, ovvero la prospettiva che ha ispirato lo stesso difensore (in tal senso, cfr. anche Sez. 6, n. 24035 del 24/05/2011).
Possiamo chiosare rimarcando che non è favoreggiamento di per sé quando l’avvocato avvisa l’assistito del suo imminente arresto, quando gli consiglia di mentire, quando lo informa della possibilità in astratto di una attività captativa, bensì è rilevante nel caso concreto verificare come l’avvocato abbia saputo e conosciuto tali circostanze.
L’aiuto ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche dell’autorità va pertanto apprezzato, specie con riferimento alla particolare posizione del difensore, non in maniera freddamente “oggettiva” e nella sua formale ed astratta corrispondenza al modello legale di reato.
Rimane da chiedersi: perché molto spesso c’è chi lo dimentica?